Non è un libro difficile, ma ha a che fare con l'astratto che risiede alla fondazione della nostra cultura e società. Ed è per questo che torno a rileggere questo lavoro del filosofo e apologeta Nancy Pearcey. Verità totale non tratta di una serie di verità spesso dibattute all’interno delle denominazioni cristiane, ma piuttosto sostiene una visione generale biblica che la modernità rigetta del tutto. Lei assume che, "il difetto cruciale del liberalismo è che adotta il concetto di verità a due strati. Accetta un rendiconto naturalistico di storia e scienza alla base, mentre relega la teologia al di sopra, dove viene ridotta ad un’ esperienza personale e non-cognitiva" (p. 115).
Con il risultato che i cristiani, specialmente i giovani e gli studenti, sembrano limitati, incapaci, e a disagio nel comunicare e persino vivere la loro convinzione religioso/spirituale nella vita pubblica. Pearcey scrive che il fatto di avere una visione globale e coerente influenza l’interazione della Cristianità con la scienza, la cultura, e perfino con la libertà artistica. Indicando il ruolo dell’apologeta biblico, dichiara,
"il nostro compito è di portare le persone faccia a faccia con questa contraddizione - tra quello che la persona dice di credere e quello che la sua vita gli racconta" (p.111).
Dalla storia alla scienza, dall’arte alla sessualità, non c’è argomento che non sia affrontato.
Siccome questa premessa influisce su una vasta varietà di discipline, ritorno di continuo su questo lavoro, raccogliendo ripetitivamente nuove intuizioni, di solito all’interno delle seguenti due categorie. Una è la sensazione di libertà intellettuale per il cristiano che vive nel mondo moderno. Dove il discorso spirituale e i valori biblici non vengono tollerati oppure vengono relegati ai settori privati, il rigoroso contesto di Pearcey richiama un’ ideologia di libertà ed equità. Secondariamente, Verità Totale stabilisce l’evidente bisogno dei giovani di colmare il vuoto degli approcci biblici nei vari campi e nelle varie discipline.
" Il pericolo per i cristiani è che, se non sviluppano consciamente un approccio biblico al soggetto, (accademico) allora inconsciamente tendono ad assimilare qualche altro approccio filosofico. Un set di idee per interpretare il mondo è come una cassetta di attrezzi filosofica, piena di termini e concetti. Se i cristiani non sviluppano i loro propri attrezzi di analisi, allora quando spuntano i problemi che vogliono capire, afferrano e prendono in prestito gli attrezzi degli altri - o qualsiasi concetto generalmente accettato nel loro campo o nelle varie culture... Possono anche finire per assorbire un intero set di idee con principi estranei senza neanche accorgersene ... In altre parole, non solo non riusciamo ad essere ne sale ne luce per una cultura perduta, ma finiamo per essere modellati dalla nostra stessa cultura." (p.44)
Gesù non viene relegato nei recessi privati della mia vita spirituale. La sfida davanti a me è di farlo Signore di tutto quello che faccio nella società, di tutto ciò che posso rigorosamente e ideologicamente pensare. Gesù è il mio Signore non solo quando sono un suo seguace, ma anche in tutta la mia vita e nella mia identità di cittadino, mortale, residente, padre, individuo, cliente, artista, vivente,persona, essere umano, corpo, e anima vivente.
Justin Kim è assistente alla direzione del dipartimento della Scuola del Sabato e redattore del trimestre per i giovani alla sede centrale della Conferenza mondiale della Chiesa avventista del settimo giorno. Dopo aver frequentato una scuola superiore cattolica, essersi laureato alla Brandeis University sponsorizzata dagli ebrei, essere stato ricercatore alla Harvard Medical School, aver studiato nel seminario teologico avventista del settimo giorno, ha lavorato come missionario, pastore, produttore e co-fondatore del movimento GYC, in quattro cose è rimasto sempre coerente: l’amore per Dio, l’affetto per la moglie Rachel e i due figli Noah e Nathaniel, comprare e leggere buoni libri che fanno riflettere e odio totale per il coriandolo.
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