Alessandra (nome fittizio, trattasi di minorenne) era seduta di fronte a me e alla psicologa per raccontare la sua situazione a casa. All’inizio c’eravamo soltanto io e mio fratello, prima della separazione di mamma e papà. Dopo è arrivato un altro fratello che mamma ha avuto con un compagno, e l’anno scorso è nata la sorellina dall’altro nuovo compagno. Un fine settimana si e uno no, ci separiamo per andare dai papà: io e mio fratello dal nostro, l’altro dal suo. A casa di papà ci sono la sua compagna e il figlio di lei che, come mamma era sposata prima di separarsi e conoscere papà. Tra qualche mese arriverà il nostro nuovo fratellino, perché papà sta per avere un altro figlio. Per me è un po’ scomodo dovermi trasferire, cambiare letto, casa, e tutto il resto, ma almeno posso stare con papà... mi sento confusa da tutte queste cose! Alessandra stava vivendo un’esperienza destabilizzante all’interno della sua famiglia ricostruita[1] (circa mezzo milione[2] secondo l’Istat nel 2014). Nell’attuale scenario socioculturale è emersa anche la “famiglia arcobaleno”, definita dall’omonima associazione[3]:
- Uomini o donne che hanno avuto i figli in una relazione eterosessuale e che, in seguito, scoprono o decidono di assumere la loro identità sessuale.
- Coppie omosessuali che desiderano un figlio e che pianificano la procreazione in coppia facendo ricorso alle tecniche di procreazione assistita all'estero, ad autoinseminazione con dono di gameti da parte di un amico, con surrogacy all'estero per le coppie di uomini e all'adozione, se cittadini o residenti di paesi che la permettono.
- Coppie o singoli omosessuali di sesso differente che fondano una famiglia insieme (genitorialità condivisa).
- Singoli omosessuali che decidono, nei modi più vari, di diventare genitori.
La teoria dell’imprinting, che procurò il premio Nobel a Konrad Lorenz, sostiene infatti che un essere vivente impara a riconoscersi in una specie piuttosto che in un’altra a partire dal legame con una figura di riferimento. Dopotutto i bambini, cioè i cuccioli di uomo, non sono troppo diversi da quelli degli altri animali, e possono anche subire un imprinting da parte della specie che li ha adottati, finendo per assomigliare ai nuovi “genitori”.[5] Oltre ad una mera questione di diritto e di giurisprudenza, si nasconde forse dell’altro dietro il riconoscimento delle famiglie arcobaleno? Il punto di vista di Oriana Fallaci, per esempio, evidenzia l’aspetto elettorale della questione[6]: L’omosessualità in sé non mi turba affatto. Non mi chiedo nemmeno da che cosa dipenda. Mi dà fastidio, invece, quando (come il femminismo) si trasforma in ideologia.
In categoria, in partito, in lobby economico-cultural-sessuale. E grazie a ciò diventa uno strumento politico, un’arma di ricatto, un abuso Sexually Correct. O-fai-quello-che-voglio-io-o-ti-faccio-perdere-le-elezioni. Pensi al massiccio voto con cui in America ricattarono Clinton e con cui in Spagna hanno ricattato Zapatero. Sicché il primo provvedimento che Clinton prese appena eletto fu quello di inserire gli omosessuali nell’esercito e uno dei primi presi da Zapatero è stato quello di rovesciare il concetto biologico di famiglia nonché autorizzare il matrimonio e l’adozione gay. La giornalista, dalle idee molto aperte (atea, progressista e anticonformista), ha posto tuttavia anche un nodo etico alla questione: Un essere umano nasce da due individui di sesso diverso. Un pesce, un uccello, un elefante, un insetto, lo stesso. […] Che ci piaccia o no, su questo pianeta la vita funziona così. […] Un omosessuale maschio l’ovulo non ce l’ha. E non c’è biogenetica al mondo che possa risolvergli tale problema. Clonazione inclusa. L’omosessuale femmina, si, l’ovulo ce l’ha. Ma la sua partner non può fecondarla. Sicché se non si unisce a un uomo o non chiede a un uomo per-favore-dammi-qualche-spermatozoo, si trova nelle stesse condizioni dell’omosessuale maschio. […]
Con quale diritto, dunque, una coppia di omosessuali (maschi o femmine) chiede d’adottare un bambino? Con quale diritto pretende d’allevare un bambino dentro una visione distorta della Vita cioè con due babbi o due mamme al posto del babbo o della mamma? E nel caso di due omosessuali maschi, con quale diritto la coppia si serve d’un ventre di donna per procurarsi un bambino e magari comprarselo come si compra un’automobile? Con quale diritto, insomma, ruba a una donna la pena e il miracolo della maternità? […] la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l’ambiguità delle parole «genitori» e «coniugi» le Leggi della Vita. Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma. […] un bambino non è un cane o un gatto da nutrire e basta, alloggiare e basta. È un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. Ben più inalienabili dei diritti o presunti diritti di due omosessuali con le smanie materne o paterne.
E il primo di questi diritti è sapere come si nasce sul nostro pianeta, come funziona la Vita nella nostra specie. Cosa più che possibile con una madre senza marito. Del tutto impossibile con due «genitori» del medesimo sesso. Infine, c’è anche la questione del DSM (Diagnostics and Statistics Manual). Nessun altro manuale vanta l’influenza e la rilevanza nel tracciare la linea divisoria tra normale e patologico, influenzando così la vita di milioni di persone al mondo. Se si vuol sapere se qualcosa è un disturbo mentale e come si fa a riconoscerlo, basta consultare il manuale. Nato per rimediare al caos terminologico e di categorie psichiatriche, e fornire un linguaggio comune alle diverse scuole psichiatriche, il manuale si è sempre più trasformato da generica nosologia (classificazione di disturbi) in una sorta di albo ufficiale della scienza psichiatrica, dove è stabilito cosa è disturbo mentale e cosa non lo è, superando in influenza l’ICD dell’OMS. Tuttavia, una parte della comunità scientifica ha svelato che ci sono state infiltrazioni e condizionamenti delle lobby delle assicurazioni sanitarie americane, che hanno condizionato e pesato molto sulla redazione del DSM, facendogli perdere anche un po’ della sua credibilità ed attendibilità scientifica. Sulla base di esso sono rimborsati solo i disturbi riconosciuti, e per alcuni anche questa è la motivazione della scomparsa dell’omosessualità nel 1973; eliminando la malattia, a fronte dell’incremento dell’omosessualità, si sarebbero eliminati i costi a carico delle assicurazioni! In questo modo è stata eliminata solamente la spesa sanitaria, ma non la patologia. Non si risolve, per esempio, il morire di cancro stabilendo che il cancro non è più una malattia mortale, o cancellandolo dall’enciclopedia medica, bensì attraverso la ricerca e la sperimentazione di nuove terapie più efficaci. Il negare l’esistenza di una cosa non significa che essa non continui ad esserci.
Qualunque persona dotata di ragione, e desiderosa di dare un senso agli aspetti più profondi della propria esistenza, se per esempio, omosessuale, si chiederà necessariamente cosa lo ha reso differente dalla maggioranza degli individui, e perché. Spitzer riuscì con abili manovre politiche a far approvare il suo progetto, […] e si fece poi un nome per la battaglia per smettere di considerare l’omosessualità come un disturbo mentale. In quell’occasione Spitzer riuscì a salvaguardare la psichiatria dalle contestazioni dei gruppi omosessuali che picchettavano da mesi la sede dell’APA. Proprio questa vicenda suggerisce che è riduttivo interpretare il DSM e le sue revisioni come un precipitato di conoscenze scientifiche sui problemi psichiatrici, piuttosto si tratta di un ambito in cui i conflitti sociali e controversie scientifiche trovano una soluzione politica. Le categorie di disturbi mentali entrano ed escono dal DSM in base all’abilità e alla forza dei suoi sostenitori più che in base all’evidenzia scientifica.[7] È fuori dubbio che la cancellazione dell’omosessualità dal manuale di psichiatria ha avuto delle conseguenze sul piano sociosanitario e culturale, perché ha incoraggiato persone con tendenze omosessuali, e i loro familiari, a non ricercarne le cause e a non intervenire, anche quando la precoce presa in carico da bambini, o da adolescenti, avrebbe avuto maggiori probabilità di successo che da adulti. Queste persone avevano il diritto di esplorare il loro potenziale eterosessuale. Trent’anni dopo però, Spitzer in un articolo su una rivista scientifica, ha pubblicato i risultati di una ricerca da lui condotta, dove ha ritrattato la sua precedente posizione, affermando che: individui altamente motivati possono raggiungere il cambiamento da omosessuale ad eterosessuale[8].
Per chi vuole cambiare, dunque, esiste la concreta possibilità, ma come sempre è una questione di buona volontà! E chi ha conosciuto Gesù – il vangelo ha sempre condotto persone al cambiamento - può contare non solamente su sé stesso, ma sull’aiuto infallibile dello Spirito Santo! E Gesù: Dici: Se puoi?! Ogni cosa è possibile a chi crede (Mc. 9:23). Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica (Fil. 4:13). Chi anche in ambito cristiano è sostenitore del determinismo comportamentale affermato su base genetica (e non sono in pochi, purtroppo!), non si rende conto che esclude così di fatto un principio teologico fondamentale: il libero arbitrio. Perciò, sostenere la tesi genetica equivale ad affermare che Dio, creatore delle leggi dell’universo, resta schiacciato dalle sue stesse leggi, ed è impossibilitato a disinnescare il suo stesso meccanismo. Con la prospettiva genetica applicata ad altre trasgressioni dei comandamenti di Dio (per esempio, alcuni studiosi sostengono che il tradimento non sia imputabile se indotto da tare ereditarie), nessun peccato sarebbe più da considerarsi tale, e imputabile all’uomo. Quindi, se neppure il potere dello Spirito Santo può intervenire sulle leggi della genetica modificandone i comportamenti, allora non c’è bisogno né di chiedere perdono a Dio, né di essere sostenuti nel percorso quotidiano di Santificazione. Scrisse a tal proposito E. G. White: avete bisogno di comprendere l’importanza della volontà, questa facoltà che Dio ha dato a ogni uomo affinché possa compiere le giuste scelte e dalla quale dipende tutto. […] consacrate a Lui la vostra volontà ed egli vi aiuterà a volere e agire secondo i suoi desideri.[9]
Ritornando alla questione delle famiglie arcobaleno, una delle domande lecite da porsi è: in quale contesto familiare potrebbero crescere i bambini delle famiglie arcobaleno? Con quali dinamiche coniugali, con quale clima, e con quali equilibri? Si potranno garantire le medesime condizioni ottimali delle famiglie composte da genitori eterosessuali? Uno studio pubblicato nel luglio del 2005 nel sito di Family Research Concil mette a confronto alcuni dati, rivelando le profonde differenze nello stile di vita e nelle coppie coniugali eterosessuali rispetto alle omosessuali. Rispetto alla durata del rapporto di coppia, dalle indagini compiute tra omosessuali impegnati in una relazione stabile emerge che solo il 15% dei rapporti dura almeno 8 anni e il 5% da almeno 20 anni; la durata media di una relazione è di un anno e mezzo. Rispetto alla fedeltà di coppia, un aspetto che emerge da tutti gli studi sociologico-statistici è la forte promiscuità che esiste nel mondo omosessuale. In Olanda, uomini con un partner stabile hanno in media otto partner sessuali all’anno. In Francia, si registrano tassi d’infedeltà del 54.8% per i gay e del 14% per le lesbiche (rispetto al 5% e al 3% delle coppie eterosessuali). E in generale, studi compiuti alla fine degli anni Novanta rivelano che il numero dei partner nel corso della vita di un omosessuale varia in media tra i 100 e i 500. […] Il modello monogamico è considerato una forma di oppressione culturale.[10]
Ai tempi di Noè, Dio decise di mandare il diluvio perché l’uomo si allontanò irrimediabilmente da Lui. L’arcobaleno biblico ci ricorda questo, oltre al patto con l’uomo che non ci sarebbe stato un altro diluvio. Nei piani di Dio c’è un solo modello di famiglia costituito attraverso il matrimonio uomo-donna. Il “modello arcobaleno” mi richiama alla mente la decadenza sociale e morale ai tempi di Noè. Il nuovo significato (blasfemo) attribuito all’arcobaleno, è invece il patto dell’uomo con l’uomo, è l’accordo e l’alleanza tra uomini che hanno escluso Dio come loro consigliere ammirabile. Che differenza tra il simbolo del patto d’amore tra Dio e l’umanità, e il nuovo significato che simboleggia l’inimicizia e la ribellione dell’uomo moderno alla legge santa di Dio!
Davide Pizzi (Assistente Sociale, membro della chiesa di Bari)
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[1] Per famiglia allargata s’intende: un modello familiare che trae le proprie origini da un contesto rurale di tipo tradizionale: essa comprende più unità coniugali, più generazioni e ingloba vincoli di consanguineità di secondo e anche terzo grado. Per famiglia ricostruita si indica: l’unione di due coniugi che hanno entrambi alle spalle una separazione o un divorzio e uniscono, nella nuova famiglia, la totalità o una parte dei figli nati dalle unioni precedenti. A. Tiberio, F. Fortuna, Dizionario del Sociale, FrancoAngeli Editore, Milano, 2001, pag. 232.
[2]http://www.tgcom24.mediaset.it/donne/famiglia/le-nuove-famiglie-chi-sono-e-come-sono-composte_2082647201402a.shtml
[3] http://www.famigliearcobaleno.org/it/associazione/chi-siamo/
[4] Il neonato non è subito in grado di fare la distinzione tra sé e l’altro fuori da sé, perciò la madre ha un ruolo importante, fungendo da tramite con il mondo esterno. Questa fase è decisiva per la successiva in cui avviene la differenziazione.
[5] http://www.focus.it/ambiente/animali/le-vere-storie-dei-ragazzi-selvaggi Per l’approfondimento si veda anche: http://www.focus.it/natura/29092011-1706-580-la-pecora-che-si-crede-un-cane
[6] https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/omosessualismo-e-adozioni-gay-parla-oriana-fallaci/
[7] E. Caniglia, Devianza e interazione sociale, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2016, pag. 84-85.
[8] http://www.stolaf.edu/people/huff/classes/Psych130F2010/LabDocuments/Spitzer.pdf
[9] E. G. White, La via migliore, Edizioni ADV, Firenze, 2013, pag. 47.
[10] G. Gambino, Le unioni omosessuali: un problema di filosofia del diritto, Giuffrè Editore, Milano, pag. 22-23.