La storia è zeppa di esperimenti effettuati sul genere umano ispirati dalla follia; si pensi, per esempio, all’eugenetica del dottor Mengele durante il nazismo. Federico II di Svevia, invece, volle scoprire l’esistenza della lingua “naturale” dei bambini, che avrebbero parlato se non fossero stati influenzati dal contesto culturale. Egli ignorò il racconto biblico della Torre di Babele. Non riuscendo a spiegare come mai esistessero tante lingue diverse in tutto il mondo, prese un gruppo di neonati e lo fece allevare per anni in un ambiente chiuso vietando alle balie di pronunciare anche una sola parola! L’esperimento si concluse in maniera disastrosa: molti bambini morirono, e chi si salvò non solo non sviluppò nessun linguaggio “naturale”, ma, cresciuti in assenza di stimoli verbali, non impararono mai a parlare bene e a comprende alcun linguaggio[1].
Storicamente sono sempre esistite delle pratiche sociali imposte per ragioni religiose, culturali, tradizionali, ecc, e spesso le vittime e le cavie sono state i bambini: Gli indigeni della costa nord-ovest dell’America si comprimono il capo in un cono aguzzo, ed è la loro pratica costante di raccogliersi i capelli in un ciuffo sull’apice del capo, allo scopo, come osserva D. Wilson, «di accrescere l’apparente altezza della loro forma prediletta a cono». Gli abitanti di Arakhan «ammirano la fronte larga, liscia, ed onde produrla, legano una lastra di piombo sul capo dei loro bambini appena nati». […] Gli antichi Unni durante il secolo di Attila solevano appiattire il naso dei loro bambini con fasciature[2], e avevano l’abitudine di solcare profondamente con un coltello i bambini appena nati, affinché il vigore della barba, quando spunta al momento debito, si indebolisca a causa delle rughe delle cicatrici.[3]
Inoltre gli Unni, praticavano sui bambini maschi la turricefalia, una deformazione che rendeva il cranio oblungo mediante l’applicazione di un bendaggio strettissimo alla testa, nell’età in cui essa era ancora molle e in fase di sviluppo.[4] In Cina invece, alle bambine veniva applicata una fasciatura che rimpiccioliva i loro piedi, chiamata chanzu, conosciuta anche con il nome di “loto d’oro”. Secondo i canoni di bellezza, il loto d’oro accentuava l’andatura femminile facendola apparire più sensuale agli occhi degli uomini. Le donne per essere più attraenti calzavano anche delle apposite scarpette; le gambe in questo modo, mutavano la loro forma naturale con la postura forzata dalla deformazione del piede, e sviluppavano un’ insolita muscolatura ritenuta sensuale dal mondo maschile. In Birmania per esempio, vengono applicati gradualmente degli anelli intorno al collo delle bambine, sempre per ragioni estetiche, fino a provocarne un insolito allungamento, e da adulte diventano le cosiddette “donne giraffa”. In alcuni paesi musulmani infine, è diffusa la pratica dell’infibulazione, la cui origine risale ai tempi degli egizi. Oggi, nei paesi occidentali si sta disquisendo sulla teoria gender. I sostenitori vorrebbero che i bambini, senza essere condizionati dalla tradizione culturale, scoprissero la loro “naturale” identità di genere. In altri termini, saranno loro un giorno a stabilire se si sentiranno maschi o femmine a prescindere dal sesso del loro corpo. Le premesse sull’esistenza di un’inclinazione naturale rievocano l’esperimento federiciano.
Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia ci insegna (Aldous Huxley). Il fallimento e il disastro causati da Federico di Svevia furono immediati, nel caso dei gender potrebbe richiedere più anni: i giorni ancora di là da venire sono i giudici più saggi (Pindaro). Sostenere la teoria gender (una teoria non è un qualcosa di scientificamente dimostrato), significa implicitamente negare anni di studi e di ricerche brillanti in campo psicologico. Ne deriverebbe che illustri psicologi quali, Melanie Kline, Donald Winnicott, Anna Freud e suo padre Sigmund - solo per citarne alcuni - che hanno fornito il loro prezioso contributo alla psicologia dello sviluppo, avrebbero compiuto un lavoro parzialmente errato. Infatti, grazie a loro oggi sappiamo come avviene il processo d’identificazione del bambino con i genitori, la fase dell’Edipo, dell’Edipo invertito, e quant’altro, possibili solamente se si prendono in considerazione a priori i due generi, maschile e femminile, all’interno della cornice culturale di riferimento. Uno dei rari universali è la sana differenziazione educativa impartita ai bambini in base al genere d’appartenenza (eccezion fatta per gli aspetti discriminanti). Non si può distruggere una differenziazione condivisa da tutte le culture in ogni angolo della terra che ci ha da sempre straordinariamente accomunati. È capziosa la logica che sottende il ragionamento a favore dei gender, perché tutti siamo inevitabilmente condizionati fin dall’infanzia dal nostro apparato culturale di riferimento.
Paradossalmente, anche promuovere la cultura gender rappresenta un tentativo di condizionamento socioculturale, che non lascerebbe libertà al bambino. Non esiste perciò una liberazione dal sistema culturale, perché la cultura segue l’uomo come l’ombra; la cultura nasce con l’uomo, e la cultura rappresenta l’umano e l’umanità! Non è possibile sbarazzarsi della cultura, è solamente possibile parlare di cambiamenti culturali, ma, comunque sia, vecchio o nuovo modello, ci condizionano senza possibilità di scampo! A questo punto, si potrebbe obiettare su qualsiasi cosa, sull’impartire l’educazione ai figli, che impedisca loro la libera scelta. Da un punto di vista antropologico per praticare correttamente la sperimentazione gender in un ambiente completamente asettico, servirebbe perfino che i genitori dessero il nome al proprio figlio a posteriori (e nel frattempo come si chiamerebbe, visto che non esistono nomi neutri?!), dopo che questi abbia compreso a quale genere si senta di appartenere, perché, già il nome proprio di persona è un primo condizionamento! Nella comprensione della strutturazione dell’identità sessuale, non solo è inadeguato e riduttivo un approccio che fa riferimento al solo fattore socio-culturale, prescindendo dal genere fisico, ma risulta deleterio anche un approccio che offre modelli sessuali ambigui, di tipo uni-gender, soprattutto nell’attribuzione dei ruoli, nell’intento di negare lo specifico maschile e femminile. Ma l’educazione unisex porta al fallimento dello sviluppo dell’individuo, poiché il primo passo per strutturare l’identità personale sta proprio nello sforzo di diventare uomo o donna.[5]
Ritengo invece più interessante sul piano scientifico scoprire il profilo psicologico di chi sostiene queste teorie, o gli interessi reconditi dei sostenitori. Esiste un ordine naturale delle cose a cui non ci è dato d’indagare, un ordine stabilito dall’Intelligenza suprema e intelligibile di Dio. Ogni tentativo umano d’indagine che oltrepassa il limite fissato da Dio, diventa un viaggio all’interno della latente follia insita in ogni persona, originata dal peccato e dall’allontanamento dalla Sapienza divina. Liberare la follia più profonda del genere umano, equivale a scoperchiare il cosiddetto vaso di Pandora, dal quale uscirono tutti i mali rinchiusi, e la nostra è la società che sta scoperchiando parecchi vasi di Pandora! Nessuno può dire fino a che punto possa spingersi la follia dell’uomo, nessuno può prevederne le conseguenze estreme. Una follia che altro non è che un delirio narcisistico, lo stesso che manifestò Satana attraverso la sua ribellione verso Dio, le Sue gerarchie, e l’ordine naturale dell’universo da Lui voluto e creato, le cui conseguenze sono da secoli sotto gli occhi di tutti, e soprattutto sulla nostra pelle. Ispirato da Satana, l’uomo sta tentando di stravolgere gli equilibri creati da Dio nel Suo progetto iniziale. L’uomo non impara mai dalla storia, e quelli che non sanno ricordare il passato, sono condannati a ripeterlo! (George Santayana) Di ogni alterazione, modificazione, e manipolazione dei piani del Signore, l’uomo ne è colpevole, e tutte le conseguenze saranno a lui addebitate! Il versetto iniziale riporta una delle poche frasi dure di Gesù nel Vangelo. Lo scandalizzare anche un solo bambino è fin troppo per Dio, ed è ragione di severo ammonimento ieri come oggi all’umanità intera.
[1] L. Cantoni, N. Di Blas, Teoria e pratiche della comunicazione, Apogeo, Milano 2002, p. 72.
[2] C. R. Darwin, L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col sesso, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1872, pag. 543.
[3] A. Selem, Le Storie/di Ammiano Marcellino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1993, pag. 1027.
[4] E. Demitri, in: Attila e gli Unni: mostra itinerante, Gruppo Archelogico Aquileiese, L’Erma di Brethschneider, Roma, 1995, pag. 93.
[5] G. Gambino, Le unioni omosessuali: un problema di filosofia del diritto, Giuffrè Editore, Milano, pag. 63.